Spadolini e il Carlino, direttore per 13 anni. Il suo insegnamento: “Il giornale è coscienza”

Bologna, 14 maggio 2025 – Giovanni Spadolini, direttore de il Resto del Carlino per 13 anni, dal 1955 al 1968. E la sua ferma idea di ‘giornale come coscienza’, la profonda e reciproca stima con l’editore Attilio Monti, l’amore per Bologna che non finirà mai – attraverso il rapporto con alcuni dei suoi grandi protagonisti da Giorgio Morandi, a Lercaro, Carducci, Minghetti, Tanari, Dozza, Costa – e il filo potente della sua sconfinata cultura, del suo essere uomo di dialogo con un punto di riferimento che è sempre stato il Risorgimento. E ancora: la commozione della nomina a senatore a vita, ma anche i quattro anni non felici al Corriere della Sera e la delusione di non riuscire a essere eletto Capo dello Stato.
Tratteggiare la figura del professor Spadolini è estremamente difficile, se non impossibile, ma nel centenario della sua nascita i relatori del convegno ‘La Bologna di Giovanni Spadolini. Gli anni de ‘il Resto del Carlino’ 1955-1968’, organizzato ieri dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia, in collaborazione con il Dipartimento di Storia Culture Civiltà di Unibo e con il Quotidiano Nazionale, ne hanno dipinto un sapiente affresco, mai disgiunto dalle sorti di quel giornale che diresse con tanta passione. Presente Sara Riffeser Monti, editore Quotidiano Nazionale. Al presidente della Fondazione, Cosimo Ceccuti, il compito di guidare il convegno.
È il rettore Giovanni Molari a ricordare gli importanti rapporti di Giovanni Spadolini con l’Università, fino alla Laurea ad honoris causa del 1989. Il Magnifico ha sottolineato “che c’è sempre più bisogno di una stampa che aiuti a dare messaggi corretti e di come Spadolini abbia portato l’insegnamento di una informazione libera. Il Carlino resta la nostra più importante fonte per informare”. Anche l’assessore Daniele Ara, in rappresentanza del sindaco (a Roma per la finale di Coppa Italia, ndr) ha sottolineato “come il Carlino aiuti il dibattito cittadino” e di come la figura di Spadolini vada sempre ricordata per “la cultura laica e repubblicana”.
È stata Agnese Pini, direttrice di QN, Carlino, Nazione, Giorno e Luce! a toccare un punto vivo della corretta informazione attraverso una frase di Spadolini: ‘il giornale come coscienza’: “In un mondo così complicato si riscopre il valore del giornalismo tradizionale che ci richiama al senso di cosa significa libertà di informazione, un senso che Spadolini comprese in un periodo da poco uscito da anni in cui questa libertà non c’era stata e andava reinventata. E oggi siamo in momento simile con i social”.
Il professor Angelo Varni ripercorre gli anni bolognesi di Spadolini attraverso le più grandi figure cittadine con un particolare accenno al cardinal Lercaro e al sindaco Dozza e, soprattutto al compito che aveva affidato al giornale: “Un muro contro il totalitarismo”. Il professor Roberto Balzani fa emergere Spadolini come “uomo del dialogo, il cui punto di riferimento è sempre il Risorgimento, alla guida di un giornale che lui vuole colto, ma che venga letto da tutti”.
Antonio Patuelli, invece, aggiunge alcuni ricordi personali per aiutare a capire quale sia stato lo ‘Spadolini riservato’ e come, per lui, “il massimo della libertà sia stato quello dei 13 anni al Carlino. I 4 anni al Corriere della Sera sono stati una illusione iniziale e una delusione dopo. Spadolini poi – racconta – inizia nel 1968 una fase di complessità per la sua vocazione individuale, culturale, metodologica e politica. Non si sente più libero. Ritroverà la sua leadership individuale nel 1981 quando gli verrà dato l’incarico di formare il governo. Ci riceveva nella sala Cavour del Senato, mi ricordo come fosse adesso. Avevo appena trent’anni, stavo muto e memorizzavo: il programma che proponeva alle delegazioni era l’aggiornamento e la riproposizione della direzione dei 13 anni al Carlino. Era la diga assoluta. Con la crisi del primo governo Spadolini, mi ero appena sposato – prosegue Patuelli –, ma tornai subito a Roma per dare una mano alla formazione del secondo governo Spadolini”.
La seconda fase fu la nomina a senatore a vita, “era raggiante – ricorda sempre Patuelli – mentre un’altra grande delusione, nel 1992, quando non venne eletto al Quirinale: il veto arrivò da Craxi”.
İl Resto Del Carlino